LUCIANA ALPI Abbiamo molte aspettative su questa commissione perché speriamo che
faccia quello che la Procura di Roma non ha fatto fino adesso. Cioè per
nove anni. AVV. DOMENICO D'AMATI – legale famiglia Alpi E' facile mettersi nei panni di genitori che si sentono dire “guarda noi sappiamo
chi ha ucciso tua figlia, però non ci possiamo fare niente”. IN STUDIO MILENA GABANELLI “U238” Monologo di Marco Paolini IN STUDIO MILENA GABANELLI Sono 23 i militari deceduti. L'osservatorio militare dice che le foto delle
loro biopsie rilevano presenza di metalli. All'oggi c'è un solo fascicolo
aperto, quello relativo alla morte di Salvatore Vacca, perché la madre
di questo ragazzo non si è rassegnata. Come i genitori di Ilaria Alpi, se non fosse stato per la loro tenacia e disperazione
i 9 anni di inchiesta giudiziaria che adesso vi racconteremo, mettendo
tutte le informazioni in fila, non sarebbero mai partiti. E questi due genitori non cercano nemmeno giustizia, cercano nient'altro che
la verità. GIORGIO ALPI La mole di documenti, carte, giornali, è enorme e ci siamo accorti
che non riuscivamo più a orientarci benché facciamo ancora fatica
oggi. Noi abbiamo cercato di catalogarle secondo argomenti; è una specie
di archivio molto artigianale, però che ci permette di orientarci in
questi lunghi anni di lotta per avere verità. 20 MARZO 1994 – ORE 15,05 Immagini repertorio edizione straordinaria del TG3 del 20 marzo 1994 FLAVIO FUSI “Buona sera oggi è un giorno tragico, un giorno di lutto per l'informazione
italiana, per la Rai e soprattutto per noi giornalisti e tutti quelli che collaborano
nel TG3; la nostra collega, la nostra amica Ilaria Alpi è stata uccisa
poche ore fa a Mogadiscio, stava lavorando per noi, stava lavorando per la
Rai ; insieme a lei è stato ucciso il suo operatore Miran Hrovatin,
Miran aveva 45 anni, una moglie, Patrizia, un figlio di 7 anni, Ian, e.. e
così.. ci hanno lasciato e… penso che con questo possiamo concludere.
Buona sera.” AUTRICE Le salme di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin arrivano a Roma alle due di notte
del 22 marzo, la salma di Miran prosegue per Trieste, il giorno successivo
la Rai manda in onda in diretta da Saxa Rubra, i funerali di Stato di Ilaria
Alpi. La Procura di Roma non si attiva spontaneamente, eppure è di prassi
aprire un'inchiesta, in caso di omicidio. L'inchiesta si apre quando il magistrato
giunge al cimitero al momento della tumulazione del corpo, chiamato dal funzionario
cimiteriale che non voleva procedere con la sepoltura senza aver prima avvertito
l'autorità giudiziaria. Passano due mesi. Il 20 maggio i genitori di
Ilaria Alpi ricevono una lettera dal Generale Fiore, comandante del contingente
italiano in Somalia al tempo del duplice omicidio, l'intento è quello
di informarli che il suo operato fu esemplare. LUCIANA ALPI Questa lettera è completamente.. è falsa, non c'è niente
di vero in questa lettera. Immagini processo di primo grado, 1999 AVV. GUIDO CALVI – Parte Civile famiglia Alpi Allora le domando, perché lei sostiene che i Carabinieri hanno recuperato
i corpi ben sapendo che ciò non è la verità. GEN. CARMINE FIORE – Comandante del contingente italiano Posso? I Carabinieri sono andati a recuperare i corpi, sennò non si
capisce che cosa sarebbero andati a fare. Una volta arrivati hanno trovato
il Marocchino che un minuto prima si era mosso per portare i corpi al Porto
Vecchio, si sono diretti dietro la macchina del Marocchino, ne hanno facilitato
l'ingresso al Porto Vecchio e, insieme ai due giornalisti, hanno provveduto
a caricare i corpi sull'elicottero. AUTRICE Forse il Generale ignorava che alcuni giornalisti corsero sul luogo dell'agguato
documentando tutto quello che era successo mezz'ora dopo; nelle riprese fatte
da un cameraman statunitense non c'è presenza di militari italiani,
il filmato documenta chiaramente che il soccorso venne fatto da Giancarlo Marocchino,
un imprenditore italiano che viveva e vive in Somalia, altri giornalisti, poi,
giunsero sul luogo, tra questi c'era anche Gabriella Simoni. Immagini processo di primo grado, 1999 GABRIELLA SIMONI Il Marocchino passava dalla sua macchina dove c'era la radio alla macchina
dove stavamo cercando di tirar fuori loro e lui ha chiesto soccorso al…non è proprio
un ambasciatore, era rappresentante italiano della Farnesina, inviato speciale
alla Farnesina, credo sia esattamente il ruolo che avesse, il signor Scialoja. MARIO SCIALOJA – ambasciatore in Somalia nel marzo 1994 No, questo qui è totalmente falso perché Marocchino ci dette
semplicemente la notizia dell'avvenuto assassino. Immagini processo di primo grado, 1999 FRANCO IONTA – Pubblico
Ministero Lei sentì con chi parlò Marocchino per radio? GABRIELLA SIMONI No, no, sentii solo che era imbufalito, arrabbiatissimo e disse.. “ci hanno
detto di arrangiarci.” GIANCARLO MAROCCHINO Ancora adesso io credo e son sicuro che Ilaria in quel momento era ancora
in vita, la presi, così, nelle braccia e mi sembrava in vita; corsi
di nuovo alla mia macchina che era a 2- 3 metri , parlai ancora col Colonnello
e dissi “sì, a me mi sembra che è ancora in vita, fai alzare
un elicottero e io porto subito Ilaria e il suo compagno al porto”. GIORGIO ALPI Senza dimenticare che, anche senza elicottero, dal posto in cui è successo,
alla distanza dove c'era il Comando italiano c'erano 900 metri . AUTRICE Il Generale Fiore avrebbe dovuto inviare un elicottero sul luogo dell'agguato
e un medico, nessuno in quei momenti poteva conoscere la gravità delle
ferite, ma i militari non si mossero dalle loro postazioni e un militare ha
l'obbligo di proteggere i civili, altrimenti commette un reato. ANTONINO INTELISANO – Capo Procura Militare Da quello che lei mi dice si potrebbe configurare in astratto, parlo sul piano
dell'ipotesi, una omissione di atti d'ufficio, che è un reato ordinario. D – Quindi bisognerebbe accertarlo… ANTONINO INTELISANO – Capo Procura Militare Bisognerebbe accertarlo però chi lo deve accertare? Un organo incompetente
come la Procura Militare o un organo giudizialmente competente come la Procura
Ordinaria ? La Procura Militare accerta i reati militari, questo sarebbe un
reato comune. D – Ci sono stati degli accertamenti delle responsabilità oppure
no? GIORGIO ALPI No, nessuna. AUTRICE Nessuna, oppure è stata fatta un'indagine, ma non è stata resa
nota. Due mesi fa abbiamo interpellato la Procura di Roma, ma non abbiamo avuto
risposta. Torniamo alla lettera del generale LUCIANA ALPI (legge)…nel contempo i Carabinieri insieme ad alcuni giornalisti italiani,
Gabriella Simoni fra questi, si sono recati all'Hotel Shafi, per raccogliere
tutto il materiale degli interessati. Immagini processo di primo grado, 1999 AVV. GUIDO CALVI – Parte Civile Alpi Anche questa è una piccola difformità o è una dichiarazione
assolutamente non veritiera? GEN. CARMINE FIORE – Comandante del contingente italiano Ho detto, in quelle circostanze, il 20 maggio ho detto questo perché ero
convinto che i Carabinieri fossero andati a recuperare i corpi insieme ai giornalisti,
invece ci sono andati soltanto i giornalisti e poi, che si sono un'altra volta
incontrati coi Carabinieri a Porto Vecchio e con loro hanno portato i bagagli
sulla nave Garibaldi. Anche questa è un'imprecisione. AVV. GUIDO CALVI – Parte Civile Alpi Generale mi perdoni, veramente me la tira, perché se a questo punto
ci sono queste imprecisioni, se facciamo la guerra con queste imprecisioni
le perderemo tutte. IN STUDIO MILENA GABANELLI E' stata senza dubbio un'imprecisione dire che i militari avevano preparato
i bagagli di Ilaria, visto che furono i colleghi di Ilaria ad entrare nella
sua stanza d'albergo e raccogliere tutte le sue cose e metterle in valigia.
Ogni oggetto presente in quella stanza fu documentato, ma alcuni di quegli
oggetti poi spariranno. Sul luogo del delitto arriva, anzi è già lì un imprenditore
italiano Giancarlo Marocchino che telefona al comandante del contingente italiano
e al nostro ambasciatore in Somalia, non sappiamo se per informarli che c'erano
due morti o per chiedere soccorsi. Sappiamo che qualcuno avrebbe dovuto mandare
un medico, Ilaria era ancora viva, ma il medico non è mai arrivato.
Due mesi dopo il generale Fiore invia una lettera ai genitori della Alpi nella
quale sostiene che furono i carabinieri a prelevare i corpi e a preparare i
bagagli, i fatti lo smentirono. Fatti che emergono dalla documentazione filmata
dei giornalisti presenti sul posto. Una documentazione importante, perché come
vedremo, qualcosa sparirà. AUTRICE Esistono infatti delle riprese inequivocabili della preparazione dei bagagli
di Ilaria e Miran. Fu Francesco Chiesa, operatore della televisione svizzera
a filmare quel momento. FRANCESCO CHIESA – Radio televisione svizzera italiana Non c'erano altri giornalisti in giro, non c'era ombra di militari assolutamente;
perché col senno di poi avrei forse potuto aiutare di più la
giustizia, filmando determinate cose che purtroppo sono state filmate così molto,
molto emozionalmente e non razionalmente. D – Anche perché magari non potevi immaginare che sparisse
della roba. FRANCESCO CHIESA - Radio televisione svizzera italiana Esattamente. AUTRICE Spariranno 3 dei 5 taccuini trovati nella stanza di Ilaria. Sparirà la
macchina fotografica di Ilaria e spariranno anche alcune cassette girate dall'operatore. FRANCESCO CHIESA - Radio televisione svizzera italiana Ma, io ne ricordo una ventina d'averle messe in una borsa blu, al meno una
ventina ce n'erano. AUTRICE Noi sappiamo che i due giornalisti portarono tutti gli oggetti sulla nave
Garibaldi, lì i militari fecero l'inventario. Nell'inventario, in effetti,
compaiono i 5 block notes di Ilaria, ma in Italia ne arriveranno soltanto 2
ed erano quelli senza appunti. E arriveranno in Italia soltanto 6 cassette
e non le 20 di cui parla Francesco Chiesa, alcune furono visionate direttamente
sulla nave, alla ricerca di indizi sull'omicidio, dirà poi il Generale;
nell'inventario scritto dai militari comunque non c'è il numero delle
cassette. LUCIANA ALPI E le cassette non l'hanno segnate. AUTRICE I bagagli furono infine sigillati e piombati, prima di essere spediti in aereo
insieme alle salme. A Luxor, in Egitto, ad aspettare le bare, c'era una delegazione
della Rai. I bagagli, si vede da queste immagini, arrivarono a Luxor piombati,
ma a Roma la piombatura non c'era più. Immagini processo di primo grado, 1999 FRANCO IONTA – Pubblico
Ministero Senta, ma questi bagagli erano sigillati? GIUSEPPE BUONAVOLONTA' – giornalista
RAI Si, questi bagagli avevano degli spari con dei piombi. FRANCO IONTA – Pubblico
Ministero E per vedere all'interno come si procedette? GIUSEPPE BUONAVOLONTA' – giornalista RAI Mi sembra che uno o due di questi bagagli, noi lo aprimmo, io credo di aver
contribuito in questo caso, cioè credo di aver contribuito, però se
poi chi con le mani ha agito, sinceramente io non me lo ricordo. FRANCO IONTA – Pubblico Ministero Senta, ma lei prese delle cassette, delle videocassette da questi bagagli? GIUSEPPE BUONAVOLONTA' – giornalista RAI No questo avviene successivamente a Roma, una volta arrivato a Roma io mi
incontrai, sempre insieme ai dirigenti della Rai, incontrai il mio direttore
di allora che era Andrea Giubilo e, siccome dovevo andare in Rai per fare il
servizio, perché poi veniva trasmesso immediatamente al mattino presto,
mi fu detto di portare le cassette girate in Rai. AUTRICE Troppe mani hanno aperto quei bagagli e troppo tardi sono state fatte domande
sull'accaduto a chi avrebbe dovuto dare spiegazioni spontaneamente e subito,
eppure quelle mani compirono un reato: violazione di sigilli. L'ambasciatore Plaia , inviato dalla Farnesina per accompagnare le salme,
avrebbe dovuto sapere, al meno lui, che non poteva prendere con se alcun documento,
poteva essere una prova, un indizio, invece sottrasse i due fogli protocollo
che Ilaria portava nella tasca della camicia quando fu uccisa, fogli pieni
di sangue e di numeri telefonici. D – Se la sono tenuta quindi, diciamo tre mesi. LUCIANA ALPI Marzo, aprile…sì, tre mesi, tre mesi. D – E la motivazione per la quale se li sono tenuti? LUCIANA ALPI Perché erano sporchi di sangue e non volevano che noi vedessimo il
sangue. AUTRICE Fu un gesto di pietà. Una pietà durata fino a due giorni prima
dell'interrogatorio con il magistrato De Gasperis. A quasi 10 anni di distanza dalla morte di Ilaria e Miran non si conosce la
ragione di quel duplice omicidio, tante ipotesi ma nessuna certezza. Cerchiamo
di riguardare tutto partendo dai primi istanti, quelli cruciali, quando tutti
parlano di esecuzione. Repertorio Rai, 20 marzo 1994 (telefonate) MARIO SCIALOJA – Ambasciatore d'Italia in Somalia Si è trattato chiaramente di un attacco diretto ad uccidere, quindi
un attacco che può essere ritenuto di matrice politica. GEN. CARMINE FIORE – Comandante del contingente italiano Si sono avvicinati e li hanno freddati … GABRIELLA SIMONI – giornalista di Studio Aperto E poi abbiamo visto che erano stati uccisi con un colpo alla testa tutti e
due, quindi abbiamo capito che non era un ostaggio, non era uno scontro a fuoco,
non era una pallottola che li aveva colpiti per caso, era stata un'esecuzione. Immagini TG3 del 22 marzo 1994 GIUSEPPE BUONAVOLONTA' “L'aeroplano vola e la mente corre, si ferma per leggere le righe crudeli
dei referti medici, due colpi secchi, una esecuzione, è stata una esecuzione,
due proiettili e nessuna possibilità di scampo”. AUTRICE Ma con il passare del tempo non ci sarà più la convinzione unanime
che il duplice omicidio fosse mirato alla persona, voluto, premeditato. Giancarlo Marocchino che a caldo disse: GIANCARLO MAROCCHINO Non è stata una rapina, è solo stato, così.. si vede
che sono andati in certi posti che non dovevano andare. AUTRICE Tre anni dopo aveva maturato l'ipotesi che l'omicidio fosse il tragico epilogo
di un tentativo di sequestro. GIANCARLO MAROCCHINO Secondo me la rapivano, secondo la mia opinione. AUTRICE In mancanza di certezze scientifiche tutte le ipotesi sono sostenibili, ma
le certezze scientifiche non furono cercate. Andava fatta l'autopsia, in caso
di omicidio è di prassi. A Trieste, sul corpo di Miran, fu fatta, a
Roma invece, sul corpo di Ilaria, no. Il magistrato romano si accontentò di
un esame medico esterno secondo il quale il colpo che uccise Ilaria fu sparato
a contatto, quindi a distanza ravvicinata, era così evidente, dirà poi,
che non c'era bisogno dell'autopsia. Anzi non era così evidente, visto che 9 mesi dopo, lo stesso Magistrato
De Gasperis, chiese una perizia balistica che giunse alla conclusione diametralmente
opposta: fu probabilmente un colpo di fucile e non un'arma a canna corta a
uccidere Ilaria, la pallottola potrebbe averla raggiunta accidentalmente e
da lontano. LUCIANA ALPI Il Dottor De Gasperis, avendo queste due perizie in contraddizione tra di
loro, non ha mosso un dito, non ha fatto niente . AUTRICE L'autopsia viene fatta, due anni dopo la sepoltura quando un altro Magistrato,
Giuseppe Pititto, prende in mano l'inchiesta e ordina la riesumazione. La nuova
perizia parla di colpo esploso da lontano, i periti degli Alpi non sono di
questo avviso, ed è così che il Magistrato nomina un collegio
di periti, un nuovo ribaltamento, secondo la superperizia il colpo che uccise
Ilaria venne esploso a distanza ravvicinata. Il duplice omicidio, stando alla
superperizia, sarebbe avvenuto così, come lo vediamo ricostruito nel
film “Il più crudele dei giorni”. Quando l'inchiesta passa a un terzo magistrato Franco Ionta, il capitolo si
riapre. Ionta nel '98 chiede una terza perizia, il risultato si ribalta di
nuovo: a uccidere Ilaria fu un colpo sparato da lontano. Quest'ultima perizia è stata
firmata da Carlo Torre e Pietro Benedetti, gli stessi consulenti che hanno
recentemente redatto la perizia definitiva sul caso Giuliano, asserendo che
la pallottola che uccise il ventitreenne, sarebbe stata sparata dal Carabiniere
verso l'alto e deviata da un calcinaccio sullo zigomo della vittima. Questo
per dire che Torre e Benedetti sono due periti, secondo le procure italiane,
attendibili. La loro perizia sul caso Alpi, accredita la tesi di un colpo,
forse accidentale. Finisce così il balletto delle perizie durato anni
e che forse non sarebbe mai iniziato se l'autopsia fosse stata messa subito
a confronto con i referti medici redatti in Somalia, i primi importanti referti
medici scritti subito dopo gli omicidi, uno redatto dal medico italiano presente
sulla nave militare, l'altro dal medico del contingente americano ma mai arrivato
in Italia. D – Ma chi doveva materialmente portarlo in Italia questo..? LUCIANA ALPI Doveva andare al seguito delle salme, doveva andare, come, con i referti medici
con quello che aveva scritto il medico della Garibaldi, la sua cartella clinica,
chiamiamola così; noi quella non l'abbiamo mai vista, anzi ci siamo,
noi, premurati di andare al Ministero della Marina, perché provvedessero,
infatti le avevano lasciate lì in un cassetto, perché provvedessero
a mandarli alla Procura di Roma, e così fu, ma due anni dopo però la
morte di Ilaria. AUTRICE Dunque un referto medico scomparso, l'altro ritrovato due anni più tardi
chiuso in un cassetto, un'autopsia fatta in ritardo e troppi indizi persi per
strada. FRANCESCO CHIESA – Radio televisione svizzera italiana A un certo momento, non stavo filmando e vedo una persona che si getta dentro
l'auto e leva qualcosa dall'auto, al che io subito mi allarmo e vado a vedere
cos'era ed era un proiettile, un proiettile ritrovato nel sedile del passeggero
avanti. AUTRICE Mentre la perizia tiene conto di una prima versione secondo la quale il proiettile
fu trovato vicino al sedile di Ilaria. Francesco Chiesa è stato cercato
dagli investigatori italiani i quali avrebbero voluto incontrarlo in un bar
di Chiasso, località italiana vicino alla Svizzera. FRANCESCO CHIESA - Radio televisione svizzera italiana Mi è stato consigliato di dire a questi signori, di chiedere una rogatoria
e di essere ascoltato, se era il caso, anche di fronte a un Magistrato svizzero,
quindi se fossero venuti loro in Svizzera a interrogarmi anche di fronte a
un Magistrato svizzero. D – Lo hanno fatto? FRANCESCO CHIESA - Radio televisione svizzera italiana In realtà non lo hanno fatto, quando io ho insistito su questo tipo
di procedura loro hanno abbandonato, non mi hanno più chiamato. AUTRICE Conoscere la dinamica dell'agguato sarebbe stato fondamentale per capire anche
il movente, nel 1996 Giorgio e Luciana Alpi tentano una nuova strada, l'agguato
potrebbe essere stato registrato dal satellite utilizzato dalle forze armate
statunitensi. RINO SERRI – sottosegretario agli Esteri con delega per la Somalia
dal 1996 al 2001 In quel momento io non supponevo che da un satellite, in quel momento, adesso
sì, si potesse fotografare un'area di una città, tant'è che
quella prima volta, poi capii che la cosa era possibile e procedemmo al.. AUTRICE Al walzer di lettere tra il Ministero degli Esteri e i genitori della giornalista
uccisa, un walzer durato un anno. La prima lettera viene inoltrata nel settembre
del '96, la risposta arriva a febbraio. LUCIANA ALPI (legge) il Senatore Serri telefonicamente ci comunicava che non esisteva documentazione
satellitare. AUTRICE Sfortunatamente proprio quel giorno il satellite era fuori uso. Gli Alpi insistono
e due mesi dopo giunge un'altra lettera dal Ministero. LUCIANA ALPI (legge) abbiamo proceduto nei giorni scorsi a chiedere alle autorità americane
un ulteriore accertamento. AUTRICE Gli statunitensi, nel frattempo, controllano un po' meglio. LUCIANA ALPI (legge) secondo gli esperti americani la qualità dell'immagine è appena
passabile e non rivelerebbe nulla di utile per l'inchiesta. AUTRICE Quindi l'immagine c'è, ma non è nitida, è talmente poco
nitida che il mese dopo sparisce di nuovo. AUTRICE A settembre, in un'altra lettera, si torna a dire che l'immagine esiste ma
non è utile ai fini dell'indagine. LUCIANA ALPI Il carteggio con il Ministero degli Esteri è finito con questa lettera. RINO SERRI – sottosegretario agli esteri con delega per la Somalia
dal 1996 al 2001 Poi vagamente io ricordo che la cosa si concluse positivamente, se lei mi
chiede come, dove è andata, io non glielo so dire. LUCIANA ALPI Noi questa roba qui, questa immagine, abbiamo sempre, ci risulta, cioè,
non è mai arrivata, a noi non è mai arrivata. AUTRICE Per sapere se questa immagine è arrivata in Italia oppure no, abbiamo
rintracciato l'allora dirigente del Ministero che si era occupato della vicenda. (telefonata) D – l'immagine ci è arrivata o ci è arrivata una loro
dichiarazione sull'immagine? LORENZO FERRARIN – funzionario Ministero Esteri Una loro dichiarazione sull'immagine, di un'analisi, esame dell'immagine che
era stata fatta, con dei tecnici anche nostri però. D – Ah, e questa qua è una carta che ha in mano chi questo
momento? LORENZO FERRARIN – funzionario Ministero Esteri Il Ministero degli Esteri. AUTRICE Resta una domanda, perché quella relazione non fu mai consegnata a
chi l'aveva richiesta? IN STUDIO MILENA GABANELLI Abbiamo capito che quel poco che si è riusciti a portare in un aula
del tribunale Non l'hanno raccolto gli inquirenti e nemmeno i Ministeri competenti, ma provengono
dall'ostinazione dei genitori. A partire dal referto medico che per 2 anni è stato
chiuso in un cassetto della Marina Militare , alla foto dal satellite, di cui
si è accertata l'esistenza ma mai arrivata a destinazione. Come il
certificato di morte che i genitori non sono mai riusciti a vedere. In
Somalia a Marzo del 94 le autorità competenti erano i caschi
blu, i carabinieri del Tuscania e alcuni uomini dei nostri servizi segreti,
ma sul luogo del delitto, in quei giorni e negli anni a seguire, nessuno
ha mai indagato. Proviamo a ricostruire quel pomeriggio del 94. AUTRICE Quel 20 marzo, alle tre del pomeriggio, Ilaria e Miran lasciarono il loro
albergo per raggiungere un giornalista che risiedeva all'Hotel Amana, nella
parte nord di Mogadiscio, la più pericolosa. Ilaria ci andò lo stesso, nonostante in quel momento avesse un solo
uomo di scorta. L'autista in seguito dichiarò di averle detto che il
giornalista era partito. Difficile quindi comprendere per quale ragione Ilaria
decise comunque di andare all'Hotel pur sapendo che non avrebbe trovato nessuno.
Forse non lo sapeva, forse l'autista ha mentito, forse doveva essere lì in
quel momento. Chi parla di un tentativo di rapimento sostiene che il piano
fallì perché l'uomo della scorta sparò per primo. Ma nessuna
autorità interrogò immediatamente l'uomo della scorta. A un giornalista
riferì che forse aveva ferito due assalitori, ma nessuno cercò i
feriti presso gli ospedali. Lo fece tre anni dopo un giornalista italiano spulciando
nel registro dell'ospedale più importante di Mogadiscio. GIOVANNI MARIA BELLU – La Repubblica Trovai il 20 marzo, fotografai il registro e notai che nella lista dei feriti
ricoverati per colpi d'arma da fuoco il 20 marzo, c'erano due nomi che erano
stati corretti, cioè era stato scritto prima un nome, era stato sbianchettato
e poi sopra erano stati scritti degli altri nomi, naturalmente non so se questa
sia una circostanza poi rilevante o non lo sia, so che questo accertamento
che un giornalista ha potuto fare abbastanza agevolmente non fu mai fatto dalle
autorità italiane. AUTRICE Ma chi, in quel momento avrebbe dovuto indagare? Il 20 marzo del '94 l'ambasciatore
in Somalia era Mario Scialoja. Lo chiediamo a lui, visto che rappresentava
il Governo italiano. MARIO SCIALOJA – Ambasciatore in Somalia nel marzo 1994 Il Ministero veramente insisteva perché il comando dell'UNISOM a Mogadiscio
svolgesse le indagini su questo fatto, le indagini su quello che era successo
le poteva svolgere solamente un ente, un'amministrazione che avesse il controllo
del territorio. AUTRICE L'UNOSOM era la forza militare sotto il controllo delle Nazioni Unite che
aveva la missione, fallita miseramente, di mettere pace tra le fazioni in lotta.
Poteva essere una fortuna che il responsabile dell'intelligence dell'UNOSOM
fosse proprio un italiano: il Colonnello Vezzalini. Immagini processo di primo grado, 1999 FULVIO VEZZALINI – Responsabile Intelligence UNOSOM Non avevo nessun collegamento io con l'ambasciatore e con l'ambasciata italiana. PARTE CIVILE RAI Le risulta se l'ambasciatore Scialoja ebbe copia di questa relazione e dimostrò la
sua insoddisfazione. Non le risulta? FULVIO VEZZALINI – Responsabile Intelligence UNOSOM Non lo so. PARTE CIVILE RAI Non le risulta? FULVIO VEZZALINI – Responsabile Intelligence UNOSOM No, non mi risulta. PARTE CIVILE RAI Senta, le venne chiesto un supplemento di indagini sull'omicidio? FULVIO VEZZALINI – Responsabile Intelligence UNOSOM A me personalmente, come Capo Ufficio Intelligence no, come Capo di Stato
Maggiore pro - tempore per il mese di marzo nemmeno. AUTRICE Sta di fatto che non è mai stata resa nota l'esistenza di un rapporto. D – Lei dice che è tale l'omertà dei somali che non
avremmo mai saputo niente? MARIO SCIALOJA – Ambasciatore in Somalia nel marzo 1994 Ma questo certamente. C'era per lo meno un signore della Guerra che sapeva
perfettamente quello che successe, era l'uomo che governava a Mogadiscio Nord. AUTRICE Era Ali Madhi il Signore di Mogadiscio Nord. Ed è interessante sapere
che le autorità italiane sono da sempre a conoscenza del fatto che Ali
Madhi sa “come sono andate le cose”, tanto più che il capo della sua
polizia il colonnello Osman Weile, nel '97 dichiarava di conoscere i nomi dei
killer. Osman Weile, capo della polizia di Mogadiscio Nord intervistato nel 1997 da
Isabel Pisano per Format D – Però i nomi degli assassini ce li avete? OSMAN WEILE Ce li abbiamo. GIOVANNI MARIA BELLU – La Repubblica Cioè i nomi di queste persone erano noti, erano sulla bocca di tutti,
Mogadiscio è un paesino da questo punto di vista, si sa tutto. AUTRICE L'Italia ha mantenuto i rapporti diplomatici con la Somalia , sua ex colonia,
ma non ci risulta che siano state fatte pressioni particolari su Ali Madhi. LUCIANA ALPI Che ci sta a fare il servizio segreto? Processo di primo grado, 1999 AVV. GUIDO CALVI – Parte
Civile famiglia Alpi Per non parlare poi dei nostri servizi. E come si fa a dire che nulla sapevano?
Ma sappiamo tutti che la polizia somala è una polizia organizzata dallo Stato Imperiale. LUCIANA ALPI Viene in mente di dire che è strano che il Capo del SISMI sezione Africa,
che stava a Mogadiscio e andava in Somalia spessissimo, poi non si sia interessato
minimamente di questo duplice omicidio. AUTRICE Ecco il responsabile per i Servizi Segreti Militari in Somalia, prima, durante
e dopo il 1994: è il Colonnello Luca Rajola Pescarini. Oggi, che è in
pensione, si continua a occupare di Somalia per un'agenzia delle Nazioni Unite.
Qui è alla Procura di Roma il 4 luglio scorso, perché ha querelato
Giampiero Sebri, un ex trafficante di rifiuti tossici, che dice di averlo conosciuto,
molti anni fa. Il colonnello l'avrebbe contattato perché era considerato
un uomo di esperienza, un'esperienza maturata in Repubblica Dominicana e nella
confinante Haiti. GIAMPIERO SEBRI Io sono andato in Repubblica Dominicana non per vendere caramelle, l'ho già detto,
ma sono andato lì per avere una licenza di importazione, se licenza
si può chiamare, di rifiuti tossici. Dopo di questo il mio compito era
di contattare le diverse persone, diplomatiche, governative… IN STUDIO MILENA GABANELLI Nell'ultima fase del processo, nel 2002 entra in scena un nuovo personaggio,
Giampiero Sebri. Cosa c'entra un ex trafficante di rifiuti, almeno così sostiene, con la vicenda Alpi? E quale analogia fra la repubblica Dominicana, Haiti
nello specifico, dove Sebri traffica e la Somalia ? Partiamo da Haiti HAITI 1987: Elezioni impedite dai militari con forti repressioni. 1988
colpo di Stato militare, Henry Namphy è di nuovo presidente HAITI 1988: Greenpeace Scopre uno sversamento illegale di 4000 tonnellate Di rifiuti tossici
contaminati da diossina provenienti da un inceneritore di Philadelphia, Stati
Uniti AUTRICE Quello stesso anno, il 1988, Giampiero Sebri era sull'isola caraibica per
conto dell'organizzazione internazionale di cui dice di avere fatto parte.
Non ci sono prove che quello sversamento illegale fu opera di quella organizzazione.
Quel che è certo, come si vede dal documento di Greenpeace, è che
Haiti, per un certo periodo, è stato un Paese pattumiera. Sebri fu collocato
per due anni in un'area strategica. Un Paese povero l'unica cosa che può offrire
in cambio di soldi è il territorio. E un Paese instabile politicamente
ha bisogno di armi, più di ogni altra cosa. Per questo è possibile
che il commercio illegale di armi viaggi spesso parallelo a quello dei rifiuti
tossici. E' un baratto: io ti regalo le armi e tu prendi i miei rifiuti scomodi. Sebri sostiene di avere incontrato a Milano il Colonnello del SISMI nell'ottobre
del 1993, in quell'occasione c'era anche Giancarlo Marocchino, l'imprenditore
italiano che soccorse Ilaria. Sebri lo descrive come il logista delle operazioni
in Somalia. GIAMPIERO SEBRI Ma nel momento in cui Marocchino parlava di quattrini, parlava di soldi, parlava
che lui aveva problemi personali, parlava di patti che non erano stati rispettati..
.“che qua se affondiamo affondiamo tutti”, ma che cosa affonda? Non è che
si disse esplicitamente “i traffici di rifiuti tossici, nocivi, radioattivi” ma
si parlava di questo. Ma Marocchino disse che c'erano dei giornalisti che stavano
rompendo i coglioni, disse, adesso non mi ricordo più se usasse esattamente
questo termine qua, però disse che c'erano dei giornalisti che si stavano
interessando ai nostri traffici. AUTRICE Sette mesi dopo quel primo incontro, Sebri avrebbe rivisto, a Milano, soltanto
il Colonnello del SISMI che lo invitava ad andare in Somalia. Era il maggio
del 1992, Ilaria e Miran erano morti da due mesi. GIAMPIERO SEBRI Cosa vado a fare in Somalia? Lui mi disse prima vai per ambientarti, per conoscere
le persone, eccetera, eccetera, dopo basta che tu fai quello che ti diciamo
noi di fare e non preoccuparti, non aver paura, eccetera, eccetera”. Vedendo,
ripeto, le mie perplessità, vedendo la mia faccia preoccupata, disse “abbiamo
sistemato tutti i problemi somali, abbiamo sistemato quella maledetta giornalista
comunista”, lui non fece il nome di Ilaria Alpi, disse semplicemente “quella
maledetta giornalista comunista è stata sistemata”. AUTRICE Per queste dichiarazioni rilasciate qualche anno fa Marocchino e il generale
Rajola lo querelano. Procura di Roma, 4 luglio 2003 D – Volevo chiederle il contraddittorio su quello che mi ha detto
Sebri LUCA RAJOLA PESCARINI – Responsabile SISMI in Somalia nel 1994 Il contraddittorio
c'è già stato in tribunale. D – Va bè, però è un'inchiesta giornalistica
e ha tempistiche diverse. Posso solo chiederle se lo conosceva il Signor
Sebri? LUCA RAJOLA PESCARINI – Responsabile SISMI in Somalia nel 1994 Eh? D – Lo ha conosciuto il Signor Sebri, mai? LUCA RAJOLA PESCARINI – Responsabile SISMI in Somalia nel 1994 Mai. D – Lei non lo ha mai conosciuto. D – Mi promette questa intervista o la devo inseguire per…? AVV. STEFANO MENICACCI – legale di Giancarlo Marocchino No, ma quale intervista? D – Per il suo assistito AVV. STEFANO MENICACCI – legale di Giancarlo Marocchino Non la facciamo l'intervista su questa storia dell'incontro tra Sebri, Marocchino
e Rajola, sono delle menzogne, Sebri ha mentito e cercheremo di dimostrarlo,
quindi è un diffamatore per quello che ha scritto sui giornali ed è un
calunniatore per quello che ha dichiarato davanti alla Corte d'Assise e d'Appello. AUTRICE Il Magistrato che ha chiesto il rinvio a giudizio di Giampiero Sebri è lo
stesso che ha in mano il caso aperto sul duplice omicidio Alpi - Hrovatin.
Il legale di Giorgio e Luciana Alpi ha deciso per questa ragione di difendere
Giampiero Sebri. Le indagini sulla morte di Ilaria che ristagnano da anni potrebbero
riattivarsi, anche se sul banco degli imputati c'è soltanto lui: Giampiero
Sebri. AVV. DOMENICO D'AMATI – legale di Giampiero Sebri Noi diciamo che ci sono numerose piste d'indagine che impongono di svolgere
degli accertamenti su Rajola e su Marocchino prima di incolpare Sebri per calunnia. D – Quindi questo è quello che voi farete oggi? AVV. DOMENICO D'AMATI – legale di Giampiero Sebri Si. D – Cioè voi direte “aspettate però, perché prima di
procedere contro il mio assistito, il Signor Sebri…” AVV. DOMENICO D'AMATI – legale di Giampiero Sebri Verifichiamo la posizione di queste persone. Quindi il magistrato che ha rinviato a giudizio il Signor Sebri come presunto
calunniatore è lo stesso che segue la vicenda Alpi, il dottor Franco
Ionta. Avrà verificato se il colonnello Rajola ha effettivamente
detto “abbiamo sistemato quella maledetta comunista”, e se ha effettivamente
incaricato il signor Sebri di occuparsi di rifiuti in Somalia? Forse si, all'avvocato
degli Alpi risulta che forse no. Ma tanto per cominciare Marocchino e Rajola si conoscono? AUTRICE Per cominciare: Rajola e Marocchino si conoscono? Procura di Roma, 4 luglio 2003 D – Senti, e Rajola quante volte l'hai incontrato? GIANCARLO MAROCCHINO Se te lo dico te non mi credi, è inutile che te lo
dico. D – No, sentiamo GIANCARLO MAROCCHINO Allora, io Rajola l'ho visto solo una volta che è venuto giù con
una delegazione, però erano 7-8 persone capisci e poi io non sapevo
neanche Rajola chi era. La seconda volta l'ho visto qua. AUTRICE In un'intervista rilasciata quattro anni fa, quindi prima delle accuse di
Sebri, Marocchino non aveva detto proprio le stesse cose. ALBERTO CHIARA – Famiglia Cristiana Fortunatamente abbiamo registrato tutto il colloquio, durato giorni e giorni
con Giancarlo Marocchino. Possiamo allora ascoltare dalle stesse parole di
Giancarlo Marocchino cosa, nel '99, lui affermava circa la sua conoscenza con
Luca Rajola Pescarini. Registrazione Io Rajola l'ho visto 2-3 volte a Mogadiscio…con lui c'era Rajola, quell'Ammiraglio
e via di seguito, io li ho presi e li ho portati a casa di … AVV. STEFANO MENICACCI – legale di Giancarlo Marocchino Quando veniva qualche delegazione l'ha intravisto, ma non ci ha mai parlato,
non ha mai avuto rapporti. ALBERTO CHIARA – Famiglia Cristiana Il fatto che Giancarlo Marocchino, in qualche modo faciliti un incontro riservato
tra il Servizio Segreto Militare Italiano e il Generale Aidid, per facilitare
il compito delle truppe militari italiane che stavano per arrivare, be', in
qualche modo accredita un ruolo non marginale. AVV. STEFANO MENICACCI – legale di Giancarlo Marocchino Gli uomini dei Servizi si sono avvalsi di Marocchino chiedendogli l'aiuto
meccanico per riparare le macchine e l'olio e tutto è stato fatturato
e noi abbiamo prodotto le fatture. AUTRICE Soltanto un fornitore di benzina e di aiuti materiali. L'Avvocato Menicacci
però un anno e mezzo fa in queste dichiarazioni a Canal Plus la pensava
diversamente. Immagini dell'intervista rilasciata dall'avvocato Stefano Menicacci alla TV
francese Canal Plus il 18 febbraio 2002: Avv. Stefano Menicacci: “In materia di cooperazione, in
materia di lotta tra i capi e i reduci della guerra, quando i servizi segreti
italiani volevano sapere qualcosa andavano sempre da Marocchino.” LUCIANO SCALETTARI – Famiglia Cristiana Poco dopo l'agguato, dopo l'agguato, era stato avvicinato da un uomo del SISMI,
di cui non si è detto il nome, che gli consigliò di lasciar perdere
sulla vicenda, perché sarebbe stata dimenticata abbastanza presto. Procura di Roma, 4 luglio 2003 D – Ma è vero che un uomo dei servizi segreti italiani le ha
detto di lasciar perdere? GIANCARLO MAROCCHINO No. D – Non è vero? GIANCARLO MAROCCHINO (scuote la testa) D – Cioè, se lo sono inventato i giornalisti questo? GIANCARLO MAROCCHINO Non è vero. AUTRICE Allora risentiamolo. Immagini repertorio edizione Tg 3 - giugno 1999 D – In un'intervista lei ha dichiarato che qualcuno dei servizi le
ha chiesto di non occuparsi della vicenda perché tanto sarebbe stata
dimenticata presto GIANCARLO MAROCCHINO Ma, vede, lì siamo.. quando uno lavora in posti del genere bisogna
essere amici no? E come si fa? Perché c'è uno che ti spara uno
che…e allora dobbiamo essere tutti amici, e in quel momento lì uno mi
ha detto “dai, lascia stare…” D – Ma non tornano i conti! AVV. STEFANO MENICACCI – legale di Giancarlo Marocchino Marocchino ha deposto davanti alla Commissione Parlamentare d'Inchiesta, davanti
alla Corte di Assise di Appello, è in grado di rispondere a tutte le
Magistrature, ma è stanco di parlare con giornalisti che hanno carpito
la sua buona fede. Processo di primo grado, 1999 LUCA RAJOLA PESCARINI – Responsabile SISMI in Somalia nel 1994 Mai visto Marocchino, e non ho mai voluto avere contatti con Marocchino; io
non ho mai voluto che i nostri avessero contatti con questi trafficanti italiani,
prima di tutto perché il nostro lavoro è, nell'ambiente somalo,
rivolto ad avere notizie dei somali, e secondo perché ho sempre saputo,
girando il mondo, che tutti questi trafficanti italiani perseguono i loro fini
economici. AUTRICE Proprio il servizio militare ha riportato alcune informative riservate, ha
riportato informazioni su alcuni movimenti di armi nel deposito di Marocchino,
solo sospetti, anche se, nel '93, durante l'operazione dei caschi blu, Marocchino
lasciò la Somalia perché accusato dal comandante statunitense
della forza di pace di trafficare in armi. Aveva una sola alternativa all'esilio:
la prigione. Quattro mesi dopo Marocchino tornò in Somalia nella sua
abitazione, una delle più belle di Mogadiscio. Tornò alla sua
attività di trasportatore, alle sue venti guardie del corpo che lo proteggono. AVV. STEFANO MENICACCI – legale di Giancarlo Marocchini E poi questa questione dell'esodo forzato di Marocchino dalla Somalia si è risolta
con un'inchiesta del PM Saviotti con pieno proscioglimento perché il
fatto non sussiste, quindi quell'allontanamento fu strumentale, perché fu
strumentale? Perché Marocchino era dalla parte di Aidid e siccome gli
americani avevano emesso un mandato di cattura internazionale contro Aidid,
cercavano di colpire tutti i supporti logistici e ambientali che c'erano a
favore di Aidid. AUTRICE Se Luca Rajola ci avesse rilasciato l'intervista avremmo voluto chiarire,
con il suo aiuto, un paio di punti sull'operato del SISMI in Somalia. Abbiamo
visto che, nonostante i tradizionali legami con la polizia somala, il SISMI
non riferì nulla sugli omicidi. La ragione poteva essere soltanto una:
non c'era niente di interessante da riferire. Questo almeno si pensava finché,
durante il processo, nel 1999, il procuratore mostrò una comunicazione
riservata inviata da Mogadiscio a Roma il giorno seguente il duplice omicidio. Nell'informativa si legge: “la giornalista aveva ricevuto minacce di morte
nella città di Bosaso, il giorno 16” , però poi qualcuno ha cancellato
le due righe. Chi aveva dato questa importante informazione? Perché Ilaria
era stata minacciata? Processo di primo grado, 1999 ALFREDO TEDESCO – agente del SISMI Si, confermo che è la mia grafia. AVV. GUIDO CALVI – Parte Civile famiglia Alpi E' una notizia piuttosto precisa, da chi l'aveva avuta lei
questa notizia? ALFREDO TEDESCO – agente del SISMI Onestamente non lo so, però sicuramente non da cittadini somali, forse
parlando con qualche collega giornalista, di Ilaria o… mi dispiace, ma non
ricordo perfettamente in questo momento… AUTRICE Forse il suo capo il generale Rajola ricorda meglio? AVV. GUIDO CALVI – Parte Civile famiglia Alpi Di fronte a questa notizia e alla sorprendente cancellatura nel rapporto,
ha chiesto spiegazioni al responsabile, perché avesse cancellato, ha
chiesto ulteriori informazioni, ha chiesto notizie a Tedesco, da dove avesse
appreso questa notizia? LUCA RAJOLA PESCARINI – responsabile SISMI in Somalia nel 1994 No, perché oramai, noi non interveniamo dopo che sono avvenuti i fatti,
interveniamo prima, quando il fatto è avvenuto non è più di
nostra competenza. AUTRICE Luca Rajola venne smentito tre anni dopo nel corso del processo di Appello
dal capo del SISMI, Nicola Pollari, il quale dichiarò che una notizia
del genere, secondo le regole del Servizio “andrebbe comunicata”. Ma chi aveva
cancellato quelle minacce? Processo di primo grado, 1999 ALFREDO TEDESCO – agente del SISMI Queste correzioni qui non sono fatte da me. D - Quindi non le appartengono le correzioni? ALFREDO TEDESCO – agente del SISMI No, le correzioni, queste correzioni qui venivano fatte all'arrivo del messaggio. LUCA RAJOLA PESCARINI – responsabile SISMI in Somalia nel 1994 Io l'ho detto in premessa che tutte le notizie andavano immediatamente trasmesse
all'autorità politica che era l'ambasciatore. Può darsi che una
volta informato l'ambasciatore, non è stato ritenuto di doverla mandare
a quest'organo di situazione che era la terza divisione nostra. D – Lei fu informato dal SISMI delle minacce ricevute a Bosaso? MARIO SCIALOJA – ambasciatore in Somalia nel marzo 1994 No, non l'ho mai saputo. No, non ho mai visto questa informativa. AUTRICE No, non fu l'ambasciatore. Dunque, chi cancellò quelle righe scritte
a Mogadiscio?. Processo di primo grado, 1999 LUCA RAJOLA PESCARINI – responsabile SISMI in Somalia nel 1994 Quindi devo ritenere che è stato fatto dal direttore di sezione o dal
collaboratore della sezione. D - Lei ci può essere più utile dicendoci chi potrebbe
aver fatto questa analisi di questo documento? LUCA RAJOLA PESCARINI – responsabile SISMI in Somalia nel 1994 In questo momento non ricordo i nomi dei collaboratori addetti, il direttore
di sezione bisognerebbe controllare chi era. AUTRICE Bisognava controllare chi fosse il direttore della sezione Africa in servizio
quel 21 marzo del '94. Noi abbiamo cercato di saperlo dal Ministero competente,
quello della Difesa. Conversazione telefonica con un addetto dell'Ufficio Stampa del Ministero
della Difesa: Addetto Ufficio Stampa: “Si tratta di un servizio del SISMI che ha un suo Ufficio Stampa e il Colonnello … ne è il
responsabile, quindi normalmente noi non entriamo nel merito, né possiamo
forzarli a fornire delle informazioni. AUTRICE Dall'Ufficio Stampa del SISMI, un mese prima, ci fu invece detto di inoltrare
la richiesta al Ministero della Difesa. E alla fine è stato impossibile
individuare il responsabile di quella omissione. LUCIANA ALPI Nessuno ha mai insistito su questa storia del SISMI, purtroppo. D – Quindi attualmente voi non sapete ancora chi a Roma ha cancellato
quella…? LUCIANA ALPI No, assolutamente non lo sappiamo, non lo sappiamo. D – E non sapete neanche se la Magistratura ha cercato di saperlo? LUCIANA ALPI No, nemmeno questo sappiamo. GIORGIO ALPI Altra cosa per cui vorremmo avere delle spiegazioni. AUTRICE Anche in Parlamento qualcuno chiese spiegazioni. Immagini repertorio edizione Tg3 11 maggio 1999: FRANCO FRATTINI – presidente del Comitato di controllo dei Servizi
Segreti nel 1999 “Sotto la Presidenza del Senatore Brutti, quindi nella scorsa legislatura,
il comitato chiese esplicitamente al SISMI quali fossero i documenti in loro
possesso, arrivò una risposta del tipo che il servizio non si era mai
occupato della vicenda, evidentemente c'è qualcosa che noi oggi dobbiamo
chiarire.” IN STUDIO MILENA GABANELLI Il SISMI dunque aveva mentito. Della faccenda i servizi segreti si erano occupati,
ma occultando qualcosa che poteva essere utile ai fini delle indagini. Frattini
annunciò così un'inchiesta che non fu mai avviata. E quando diventò Ministro
dell'attuale Governo non riprese in mano la questione, non lo ha fatto lui,
il suo governo e i cinque che lo hanno preceduto. Quest'anno però l'Onorevole
Calzolaio ha proposto una commissione d'inchiesta , votata da tutti gli schieramenti
per capire chi ha cancellato quelle righe, per far saltar fuori l'immagine
dal satellite e per far luce sul tutte le zone d'ombra 7 luglio 2003 – Camera dei Deputati: immagini del Presidente della
Camera Pierfedinando Casini con genitori di Ilaria Alpi LUCIANA ALPI Abbiamo molte aspettative su questa Commissione perché speriamo che
faccia quello che la Procura di Roma non ha fatto fino adesso. Immagini repertorio Tg3 del 20 maggio 2002 Lungo applauso dei deputati che salutano i genitori di Ilaria Alpi e di Maria
Grazia Cutuli presenti in aula. Era il mese di luglio e si erano dati tempi brevi per dare una svolta alle
indagini. All'oggi però i lavori non sono ancora partiti. D – A quasi 10 anni da questo omicidio noi in realtà non sappiamo
né perché è stata uccisa Ilaria Alpi, né come,
perché poi la dinamica dell'omicidio è ancora… AVV. DOMENICO D'AMATI – legale famiglia Alpi E' un altro mistero italico che si aggiunge a Ustica, che si aggiunge ad altre
vicende. D – Perché li mette sullo stesso piano? AVV. DOMENICO D'AMATI – legale famiglia Alpi Be', sotto certi profili sì, sotto certi profili sì. D – Ma quelle sono stragi che possiamo definire tra virgolette di
Stato. AVV. DOMENICO D'AMATI – legale famiglia Alpi Va bene, ma fra le possibilità che certamente andrebbero esplorate,
c'è appunto che Ilaria Alpi sia andata a toccare dei gangli nervosi
importantissimi, relativi al traffico di armi e al traffico di rifiuti tossici;
i rifiuti tossici sono un mondo sconfinato e importantissimo, di rilevanza
strategica, di rilevanza strategica. AUTRICE Ilaria Alpi era al suo settimo viaggio in Somalia, conosceva bene quel Paese,
conosceva bene la lingua araba, da tempo stava indagando infatti sulla malacooperazione,
una megatangentopoli rimasta inesplorata, miliardi donati dal Governo Craxi
al dittatore Siad Barre e in seguito ai vari Signori della Guerra. Immagini repertorio di Ilaria Alpi dalla Somalia - Tg3 del 29 dicembre
1992 “Lettera indirizzata agli italiani a Mogadiscio”, così titola oggi
Beeldeeq, giornale in lingua somala di tendenza filo AEGIG, un articolo di
fuoco che spiega con nomi e particolari cosa ne pensi l'ex Ministro dell'Industria
somalo dei rapporti tra l'Italia e il suo Paese, un primo attacco è per
i giornalisti che offrirebbero agli italiani un'immagine falsata del paese
e poi pesanti accuse contro i politici italiani, da Craxi a De Michelis, passando
per il capo del Fondo di aiuti italiano Francesco Forte. Il Ministro continua
la lettera e si chiede “dove sono finiti tutti quei soldi stanziati per la
Somalia ?”. AUTRICE Prima di partire lasciò un appunto in redazione “1.400 miliardi, dov'è finita
questa impressionante mole di denaro?”. In seguito si scoprì che quella
cifra era la punta dell'iceberg. D – Ma quanti miliardi, per certo, noi sappiamo che sono finiti in
Somalia dalla cooperazione? MARIANGELA GRITTA GRAINER – membro della Commissione di Inchiesta
cooperazione Dunque, sono finiti 5.000 miliardi, una roba così, ma soltanto in quegli
anni lì, dall'84 al '91. Possiamo dire sperperati, ma anche qualcosa
di più, adesso uso le parole della dottoressa Gualdi, per esempio, che
la Commissione ha sentito, in riferimento a progetti della Somalia diceva,
praticamente il costo di un progetto era sempre gonfiato di almeno il 40% e
questo 40% poi veniva suddiviso in tangenti, chiamiamole così, tra somali
e italiani. Nessuno ha pagato e neanche si sa bene la verità, forse
che a pagare sono stati solo i popoli dei Paesi poveri. AUTRICE L'indagine della giornalista si stava concentrando su un presunto traffico
d'armi tra l'Italia e la Somalia e su una compagnia italo - somala, la Shifco
, che aveva avuto in prestito dalla cooperazione italiana 5 pescherecci. 4
giorni prima di morire Ilaria andò a Bosaso, nel nord della Somalia
(proprio il 16 marzo, quando ricevette le minacce di morte). Intervistò il
Sultano Bogor. In quel momento una delle navi della Shifco era stata sequestrata
per un riscatto dai miliziani del Sultano e Ilaria chiese al Sultano di potere
vedere quella nave.
Ilaria Alpi: E dov'è la nave? La possiamo vedere? IL SULTANO BOGOR Come potete vedere? Lei viene…perché deve vedere? Prendi informazione
e basta! Ilaria Alpi: Se non vedo non credo… IL SULTANO BOGOR Se non vedi non credi? Usa il satellite! Si può ricevere le armi nel giro di 48 ore… basta avere collegamenti,
la nave ha un telex e loro, come un pescecane che gira intorno alla sua preda,
le nave dei trafficanti di armi girano sempre nelle zone della guerra. AUTRICE Maurizio Torrealta intervistò anche uno dei miliziani che sequestrò quella
nave il quale rivelò che la flotta lavorava per un gruppo dei Servizi
Segreti italiani. Ma perché Ilaria Alpi era andata ad incontrare il
sultano, come faceva a sapere che una nave presumibilmente carica di armi si
trovava al largo di Bosaso e chi dava ad Ilaria tutte queste informazioni dettagliate? EX APPARTENENTE A GLADIO Ero un ex appartenente di un centro GLADIO nel Nord Est d'Italia. D – Perché una struttura di questo tipo poteva avere un interesse
a supportare certi traffici? EX APPARTENENTE A GLADIO Supportava questo genere di traffico perché era incaricata da chi di
dovere di supportare questo traffico, era una struttura che era al servizio
dei potenti del momento, avendo una struttura del genere, capillare, efficiente,
che poteva operare anche all'estero con il beneplacito degli statunitensi,
riuscivamo ad avere un controllo totale della Somalia e non solo la Somalia
, comunque si riusciva ad avere un controllo totale dell'area e potere effettuare
qualsiasi tipo di traffico illecito; ripeto che per traffici illeciti si parla
di contrabbando di armi, ma soprattutto si parla di traffico di scorie nucleari,
di rifiuti tossico - nocivi, era una pattumiera, una grossa pattumiera di questa
robaccia e statunitensi, italiani, tedeschi, francesi, Paesi dell'Est, gli
Stati Uniti forse in modo più ancora feroce di quello che non lo abbiamo
noi. AUTRICE Gli americani, la Somalia come pattumiera per le scorie nucleari. Sembra incredibile
però è interessante leggere la deposizione dell'avvocato di Giancarlo
Marocchino, rilasciata durante il processo di primo grado. Parlando della vicenda
dell'espulsione del suo cliente della Somalia operata dagli statunitensi con
l'accusa di trafficare in armi, l'avvocato affermò che il suo cliente
gli avrebbe confidato questo: “Gli americani ce l'hanno con me per varie ragioni… perché i
loro camion saltano in aria… dove portano le scorie nucleari e cose del
genere. I miei no…” D – Poteva esserci una facciata legata alla cooperazione? EX APPARTENENTE A GLADIO C'era la facciata legata alla cooperazione per forza, altrimenti non si sarebbe
potuto fare niente; sì, Ilaria Alpi oltre ad aver visto scorie, rifiuti,
traffici di armi, senz'altro la Alpi aveva già visto anche documentazione
particolare. D – Mi sta dicendo che Ilaria aveva un informatore? EX APPARTENENTE A GLADIO Senz'altro era un uomo del SISMI, senz'altro quest'uomo del SISMI è morto
anche lui in Somalia, di morte violenta, prima della Alpi. Era il Maresciallo
Vincenzo Licausi. Immagini di repertorio edizione del Tg1, 12 novembre 1993 “Veterano del SISMI, Servizio Segreto Militare, il Maresciallo Licausi fin
da quando, vent'anni fa, aveva lasciato la scuola sottufficiali dei Carabinieri,
impegnato in missioni di prima linea come le ricerche del generale Dozer ,
rapito dalle Brigate Rosse, aveva diretto dall'87 al '90 un centro di addestramento
di GLADIO nel trapanese. Inviato in Somalia con i compiti di sempre, intelligence,
attività informative e di sicurezza per il contingente italiano, ha
trovato la morte sulla strada imperiale, a pochi chilometri da Balad, a nord
di Mogadiscio, una banda di somali ha assaltato per rapina un grosso camion,
nello scontro a fuoco è stato colpito ad un fianco, illeso un altro
militare italiano che era con lui. EX APPARTENENTE A GLADIO Non credo a quella versione. Pensi che il giorno dopo doveva rientrare in
Italia appunto per essere sottoposto a un interrogatorio da parte dei giudici
che si interessavano del caso GLADIO, Centro Scorpione ed altro; conosceva
benissimo la Alpi e probabilmente proprio per aver parlato con lei di tante
cose, di tanti argomenti che a volte sono intoccabili e non bisogna neppure
pensarli, be', qualcuno ha pensato bene di toglierlo di mezzo con un colpo
di dragunov . D – Come fa a dire che si conoscessero? EX APPARTENENTE A GLADIO Perché lo conoscevo anch'io molto bene. IN STUDIO MILENA GABANELLI Le dichiarazioni che abbiamo appena sentito potrebbero essere utili al Magistrato
Ionta per aprire un nuovo fronte d'indagini? Quello che sappiamo è che è sempre
Ionta ad occuparsi del caso relativo alla morte del Maresciallo Licausi. E
Ionta è il terzo magistrato che si occupa dell'omicidio Alpi, il primo
fu DeGasperis, ma poiché le indagini rimasero in stallo per due anni
fu affiancato da un altro magistrato Giuseppe Pititto, il quale intuì che
la chiave presumibilmente stava proprio nell'ultimo incontro di Ilaria Alpi,
quello con il sultano Bogor. AUTRICE Giuseppe Pititto andò nello Yemen, per interrogare il Sultano Bogor.
La sua fu una deposizione contraddittoria e venne iscritto nel registro degli
indagati. Il Magistrato si avvalse di informative che giungevano dalla Digos
di Udine. Una fonte riservata ma ritenuta attendibile parlava di traffico di
armi, e di interessi italiani e somali in questa vicenda. Pititto, sulla base
di quelle informazioni, convocò due testimoni chiave dalla Somalia ma
due giorni prima del loro arrivo il nuovo Procuratore Capo di Roma, Salvatore
Vecchione, lo esonerò dall'incarico. Motivazione dell'esonero fu la diversità di vedute sulla
conduzione delle indagini tra Giuseppe Pititto e il collega De Gasperis. AUTRICE Giuseppe Pititto fece ricorso contro la decisione del suo esonero e il Ministero
di Giustizia gli diede ragione, quindi le motivazioni dovevano essere altre. A seguito di quella vicenda Giuseppe Pititto fu trasferito d'ufficio
con l'addebito d'avere svolto le indagini senza coordinarsi con il collega
e per avere rilasciato dichiarazioni pubbliche. Per questo ha subito anche
un procedimento disciplinare. D – Lei in passato ha affermato che accertare le reali ragioni per
cui le è stata sottratta l'inchiesta consentirebbe, cito testualmente
da una sua intervista, “di aprire uno squarcio di luce in direzione della
verità”. Conferma? GIUSEPPE PITITTO Sì, naturalmente resto della stessa opinione. D – Potrebbe dirmi il perché? GIUSEPPE PITITTO Le ragioni a me pare si possono intuire facilmente, in ogni caso, non mi ritenga
scortese, potrei rispondere alla domanda che lei mi ha posto solo se a formularmela
fosse il Consiglio Superiore della Magistratura. D – E se dovesse chiamarla la Commissione parlamentare d'inchiesta
sull'omicidio Alpi – Hrovatin? GIUSEPPE PITITTO Naturalmente non potrei esimermi dal rispondere alle domande della Commissione
però, ripeto, preferirei poterlo fare davanti al CSM. AUTRICE Salvatore Vecchione avocò a sé l'inchiesta affidandola al Sostituto
Procuratore Ionta. Per ora ultimo Magistrato ad occuparsi del duplice omicidio.
Fu lui, nel '97, a chiedere l'ergastolo per il somalo Hashi Omar Hassan, accusandolo
di essere uno dei sette del commando omicida. Nel processo di primo grado il
somalo fu assolto, in appello fu invece condannato all'ergastolo, infine la
pena venne ridotta a 26 anni nel 2002. E' l'unico in carcere per questo omicidio. Ad incastrarlo due testimoni somali, uno è scomparso, l'altro era l'autista
di Ilaria che per anni negò di sapere qualcosa ma prima di lasciare
l'Italia aveva promesso importanti rivelazioni ma ormai è tardi. MARIANGELA GRITTA GRAINER – membro della Commissione inchiesta cooperazione E' morto, dopo che gli è stata tolta la protezione è morto a
Mogadiscio dopo 3 giorni o 5 giorni che era rientrato lì, l'anno scorso,
proprio in questa stagione. AVV. DOMENICO D'AMATI – legale della famiglia Alpi Sui giornali somali è venuto fuori non solo che questa persona è morta
in circostanze misteriose, probabilmente per un'overdose propinatagli al suo
rientro dall'Italia, dove si trovava, ha aggiunto, la stampa somala, che questa
persona aveva molti soldi, che aveva avuto in Italia e che prima di morire
aveva detto che intendeva fare rivelazioni. AUTRICE Anche le fonti segrete sono sparite dalla circolazione. Una era del SISDE,
l'altra quella della Digos di Udine. Facevano nomi e cognomi dei mandanti,
italiani e somali, descrivevano la riunione in cui si era deciso il duplice
omicidio e parlavano del movente, collegato proprio a quei traffici illeciti
su cui Ilaria stava investigando. E le loro dichiarazioni concordavano. AVV. DOMENICO D'AMATI – legale della famiglia Alpi Non si ricorda un caso di rapporti concordanti di fonti diverse ritenute attendibili
che fanno il nome dei mandanti e degli esecutori di un omicidio e la cosa rimane
là. AUTRICE Il fatto è che il SISDE e la Digos , per proteggere la vita delle loro
fonti, possono non rivelarne l'identità appellandosi all'articolo 203
del Codice di Procedura Penale. E non rivelare l'identità delle fonti
rende inutilizzabili ai fini giudiziari le informazioni rilasciate. AVV. DOMENICO D'AMATI – legale della famiglia Alpi Allora si deve dire “è vostro diritto di non fare i nomi, bene, ma
allora andate in fondo, seguite la pista che vi ha dato questa fonte, fate
ulteriori accertamenti, fate riscontri!”. Questi investigatori della Digos di Udine sono stati destinati ad altri incarichi,
diversi e non attinenti più all'attività investigativa, perché?
Questi che avevano fatto un ottimo lavoro, perché tutti dicono “ottimo
lavoro, la fonte è attendibile!” e quindi hanno fatto un buon lavoro,
dopodiché hanno fatto un buon lavoro, li tirano fuori dall'attività investigativa,
li emarginano dall'attività investigativa e tutto si ferma. IN STUDIO MILENA GABANELLI Queste sono le informative che contengono i nomi degli esecutori e dei mandanti
e alcuni di questi nomi rientrano nel quadro di ciò che avete appena
visto. La fonte per tutelare la sua incolumità fisica non può essere
rivelata ma su questi nomi, secondo l'avvocato degli Alpi, il Pubblico Ministero
Ionta non avrebbe fatto i dovuti accertamenti e poi è stata tolta la
delega alla Digos di Udine senza spiegare il perché. Sulla veridicità di
queste dichiarazioni, il Pubblico Ministero Ionta e il Procuratore generale
Vecchione da noi interpellati hanno preferito non pronunciarsi. Ci auguriamo
che la Commissione parlamentare di inchiesta svolga il suo lavoro e vada realmente
a fondo e magari ascolti anche il magistrato Giuseppe Pititto che alla nostra
Sabrina Giannini aveva dichiarato di conoscere le ragioni del suo esonero dall'inchiesta.
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